Il libro "Sant'Antonio Abate, il fuoco della musica. Studi e riflessioni con particolare attenzione al culto di Macerata Campania", pubblicato nel 2019 con il Centro Studi Historia Loci, raccoglie gli articoli redatti da Giuseppe Bruno, Antonio Casertano, Emanuela Esposito, Luigi Ferraiuolo, Mariano Fresta, Lia Giancristofaro, Martina Gonzales Reyero, Matteo Ludovisi, Andrea Massaro, Giovanni Mocchi, Salvatore Enrico Pappalardo - Daniele Pennisi - Rosario Torrisi, Michele Antonio Piccirillo, Vincenza Rauccio e Silvia Vetrella, a cui si aggiunge il fumetto realizzato da Luigi Cerrone e la poesia di Vincenzo Polcari. Il filo conduttore è la figura di Sant'Antonio Abate e le tradizioni a esso legate, con particolare attenzione al culto di Macerata Campania in provincia di Caserta, dove al fuoco purificatore si aggiunge il rumore della musica di Sant'Antuono di lotta contro il male.

 

Sant'Antonio il Grande

Da Nord a Sud Italia, Sant'Antonio Abate riveste una grande importanza nella cultura del Bel Paese. Ricordato nel Calendario dei Santi il 17 gennaio, è festeggiato con la benedizione degli animali e l'accensione dei falò.
Sant'Antonio, detto il Grande, è considerato, infatti, il protettore degli animali, ai quali secondo un'antica leggenda popolare è data la facoltà di parlare nella notte fra il 16 e il 17 gennaio. È suggestiva la benedizione degli animali svolta ogni anno a Roma in Piazza San Pietro, centro della cristianità. Una tradizione rispettata, però, in tantissime località italiane, come a Sant'Antonio Abate in provincia di Napoli (unico comune italiano a portare il nome del Santo), che pone gli animali, una volta benedetti, sotto la protezione dell'eremita egiziano.
Il fuoco, simbolo di purificazione, è uno degli attributi iconografici legati alla figura di Sant'Antonio. Nella tradizione popolare l'appuntamento con i falò rappresenta il momento in cui il mondo agricolo attende il risveglio della natura e non a caso in Brianza si dice «A Sant'Antoni un'ura e un glori» (A Sant'Antonio un'ora e un Gloria), per significare che dal 17 gennaio le giornate cominciano ad allungarsi. Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio sono tantissime le piazze italiane nelle quali vengono accesi dei grandi falò in onore del Santo. Ne è un esempio la località di San Clemente a Galluccio in provincia di Caserta con i tanti falò accesi nel centro abitato, oppure la piccola Fara Filiorum Petri in Abruzzo con le suggestive farchie realizzate con fasci cilindrici di canne legati con rami di salice rosso, oppure la più nota Novoli in Puglia con la gigantesca pira alta 25 metri, che dà poi vita all'attesa fòcara, o la città di Napoli con i cippi di Sant'Antuono alimentati con roba vecchia di ogni genere e accesi per salutare l'anno vecchio e dare il benvenuto all'anno nuovo.
In alcuni paesi il giorno di Sant'Antonio Abate apre tradizionalmente il Carnevale. È il caso, ad esempio, di Montemarano in provincia di Avellino dove si balla la famosa tarantella montemaranese, oppure di Mamoiada in provincia di Nuoro con le tradizionali maschere dei mamuthones e issohadores, che danno vita alla prima sfilata carnevalesca.
Nel giorno di festa non può mancare, poi, il cibo rituale. A Collelongo, in Abruzzo, la sera delle vigilia nei camini a legna si cucinano i cicerocchi (granturco cotto) in grosse cottore, cioè in pentole di rame, benedette dal parroco locale in visita nelle case durante la notte. In Lombardia si consuma, invece, la cassoeula composta da verze e dalle parti meno nobili del maiale. Nel nuorese, in Sardegna, si prepara il pistiddu, che è un dolce ripieno di mosto cotto, buccia d'arancia e altri aromi caratteristici.
A Macerata Campania, cittadina casertana denominata "Paese della Pastellessa", un tempo rione dell'antica Capua etrusca, sannita e romana, si ripete ogni anno una delle feste antoniane più belle d'Italia e forse del mondo. Accanto a una grande devozione per Sant'Antuono [1], nella festa sembra non mancare nulla: c'è la benedizione degli animali e del fuoco con l'accensione del cippo e l'esplosione delle figure legate alla vita del Santo, c'è la questua e la riffa, oltre al cibo rituale che è la past'e'llessa (pasta con le castagne lesse), e infine il "rumore" con il ritmo primordiale dei bottari, che con la sfilata delle battuglie di pastellessa sui tipici carri di Sant'Antuono rappresenta la vera particolarità dell'evento e una meravigliosa unicità, salvaguardata e tramandata nei secoli dalla comunità. Botti, tini e falci, semplici arnesi di uso contadino, vengono percossi da oltre 1000 bottari, persone di tutte le età, per dar vita alla musica di Sant'Antuono, un ritmo dal forte valore devozionale che ha lo scopo di allontanare il male e di augurare la prosperità, a cui Tv2000 nel 2017 ha dedicato il docufilm «Libera nos a malo: la musica di Sant'Antuono contro il diavolo a Macerata Campania» di Luigi Ferraiuolo.

[1] Sant'Antonio Abate in molte comunità dell'Italia meridionale è chiamato Sant'Antuono per distinguerlo da Sant'Antonio di Padova.

Articolo di Vincenzo Capuano tratto da: V. Capuano (a cura di), Sant’Antonio Abate, il fuoco della musica. Studi e riflessioni con particolare attenzione al culto di Macerata Campania, Lulu.com, Centro Studi Historia Loci, Macerata Campania, ISBN 9780244768126, 2019.

Tv2000, Libera nos a malo: la musica di Sant’Antuono contro il diavolo a Macerata Campania, Regia di Luigi Ferraiuolo, Rete Blu, 2017, URL: https://youtu.be/caIi6dsrjVM.

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